moretta

lunedì 16 settembre 2013

Cecilia e l'ermellino




Cecilia Gallerani aveva 16 anni quando nel 1488 divenne l’amante di Ludovico Sforza, detto il Moro, signore di Milano. Era giovane, bella, colta, apparteneva ad una famiglia altolocata di origini senesi, aveva modi raffinati, parlava correttamente il latino, discuteva di filosofia, cantava come un usignolo e scriveva dotti componimenti poetici e in prosa tanto da creare uno dei primi circoli letterari lanciando la moda delle conversazioni erudite. Doti queste che nelle corti rinascimentali erano fondamentali per fare di una donna la prescelta tra tutte. La passione di Ludovico per la bella Cecilia era di dominio pubblico e fu ancora di più legittimata quando dopo breve tempo dal suo arrivo a corte, il Moro decise di farle fare un ritratto dall’artista più famoso del tempo, Leonardo da Vinci. E’ il 1489 e poco dopo la fine del ritratto, per ragion di Stato, Ludovico fu costretto a sposare Beatrice d’Este. L’ambasciatore estense riferirà di “una sua puta (giovinetta) che (il Moro) prese presso di sé, molto bella….la quale gli va dietro dappertutto, e le vuole tutto il suo ben e gliene fa ogni dimostrazione”. Moglie e amante convivevano dunque sotto lo stesso tetto, Cecilia mantenne i suoi appartamenti e continuò a dividere il letto col signore di Milano. Ma quando nel 1491 dette alla luce un figlio, Cesare, la rabbia di Beatrice d’Este esplose e Ludovico fu costretto ad allontanare la giovane amante non prima però averle dato una cospicua dote e un marito, il conte Ludovico Carminati de’ Brambilla. Morirà nel 1536 alla bella età, per l’epoca, di 63 anni rimanendo immortalata nello splendido capolavoro vinciano conosciuto come La dama con l’ermellino.
Il dipinto a olio è di piccole dimensioni ed è conservato a Cracovia. Pare che sull’identificazione della giovane donna raffigurata non ci siano più dubbi, infatti, oltre alla documentazione esistente, questa è avvalorata anche dalla presenza dell’ermellino che in greco è detto “galé” (γαλή) e ciò rimanda inequivocabilmente al cognome di famiglia di Cecilia, Gallerani. Sempre l’ermellino inoltre rimanda al legame tra lei e Ludovico il Moro che nel 1488 aveva ricevuto dal re di Napoli il prestigioso titolo di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino ed egli adotterà l’animale come impresa personale.
E’ un’opera rivoluzionaria poiché Leonardo supera lo schema quattrocentesco, che prevedeva i ritratti prodotti con la figura a mezzo busto e di tre quarti, raffigurando Cecilia mentre compie una doppia rotazione col busto che risulta essere voltato verso sinistra mentre la testa è a destra. La fanciulla sembra voltarsi come se nella stanza fosse sopraggiunto un visitatore e lo saluta accennando un lieve sorriso. Gli occhi sono grandi e profondi. Bellissima la mano che accarezza l’ermellino il cui sguardo si allinea a quello della dama. L’animale è definito nella sua anatomia e rimanda agli studi naturalistici che Leonardo sta compiendo in quegli anni. L’abito di Cecilia è sontuoso, con le maniche decorate da nastri che all’occorrenza potevano essere slacciati, separate dal vestito e sostituite con altre, maniche intercambiabili insomma che consentivano una maggiore mescolanza di colori, tessuti e stili. Tipica della moda importata dalla Spagna è l’acconciatura  detta
“coazone” che prevedeva i capelli divisi in due ampie bande che si riunivano sotto il mento incorniciando il volto mentre una terza andava a formare una lunga coda o treccia sulla schiena molto spesso ornata di nastri, reticelle di seta e pietre preziose. Completava il tutto una cuffia sul retro anch’essa impreziosita da perle o altre pietre. Nel caso del ritratto di Cecilia la cuffia è di velo trasparente, tenuta da un nastro nero che le attraversa la fronte, più da un secondo nastro probabilmente in fili d’oro che le copre parte delle sopracciglie.
Unico gioiello una collana composta da grani tondi forse di onice o ambra nera. Su questa collana, durante un restauro, furono trovate le impronte digitali di Leonardo che per ottenere gli effetti d’ombra sui grani usò le dita e non il pennello.
Lo sfondo è scuro ma pare che inizialmente Leonardo avesse pensato ad una finestra alle spalle della dama.

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