Pare che l’origine della frase "memento mori" ("ricordati che devi morire") vada ricercata in un’usanza dell'antica Roma in epoca
repubblicana quando un generale rientrava nella città dopo un trionfo bellico e
sfilando nelle strade raccoglieva gli onori che gli venivano tributati dalla
folla, correva il rischio di essere sopraffatto dalla superbia e
dalla smania di grandezza. Per evitare che ciò accadesse, un servo dei più
umili veniva incaricato di ricordare all'autore dell'impresa la sua
natura
umana e lo faceva pronunciando questa frase. Durante il Rinascimento era
uso indossare gioielli, pendenti o anelli, con l'immagine del teschio,
dello scheletro con la clessidra o all'interno di una bara per ricordare a chi lo indossava
che la morte era sempre certa e preludeva al giudizio divino, dunque tali
monili incoraggiavano ad una vita virtuosa e santa e a concentrare la propria
attenzione non sui beni materiali ma sulla prospettiva dell’aldilà.
Nell'immagine è raffigurato uno di questi monili, è un pendente in oro smaltato in nero a forma di bara, col
coperchio in cristallo di rocca amovibile grazie a una cerniera posta nella
parte superiore. Il gioiello è composto quindi di due parti e si apre lasciando
intravedere all’interno uno scheletro in altorilievo in smalto bianco. Sulla
sommità un anello circolare in oro. Il retro del pendente è decorato con un
teschio e lingue di fuoco le quali vengono riproposte anche sui fianchi; in
basso un disegno costituito da due elementi incrociati a x e un secchiello
(forse per contenere acqua benedetta, simbolo di vita eterna perché lava dal peccato
equiparandola dunque a quella del battesimo. Il pendente è del XVI secolo ed è esposto al British Museum di Londra.
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