Ci sono cose che andrebbero
ammirate nella vita e l'ostensorio di Sant'Ignazio Martire, detto la “Sfera d’oro” e consevato a Palazzo Abatellis a Palermo, è una di queste. Dietro a questo
straordinario oggetto c’è una storia commovente che ha per protagonista una
nobildonna palermitana, Anna Graffeo, moglie del conte milanese Majno, giunto
in Sicilia al seguito del vicerè Emanuele Filiberto di Savoia. Dopo aver perso
due figli al momento del parto, essere rimasta prematuramente vedova e dopo
aver perso anche l’unico figlio ancora bambino che le restava, la contessa
decise di ritirarsi dal mondo scegliendo di entrare in un convento di clausura,
rinunciando così a tutti i suoi beni terreni. Prima però si recò nella bottega
dell’orafo più rinomato di Palermo, Leonardo Montalbano, gli affidò le numerose
argenterie e tutti i suoi gioielli e gli commissionò un ostensorio. Montalbano,
tra il 1640 e il 1641 crea così il suo capolavoro, in oro, argento, smalti
e più di 800 diamanti purissimi
lasciatigli dalla nobildonna. La notte di Natale del 1870, la Sfera d’oro fu
trafugata assieme ad altri oggetti d’arte dal Real Museo di Palermo; qualche
mese dopo fu ritrovata, smembrata in più di trecento pezzi alcuni dei quali
schiacciati e deformati. Per più di un secolo l’ostensorio è rimasto così
finchè il direttore di palazzo Abatellis a Palermo ha deciso di sfidare la
sorte e ha chiesto aiuto all’Opificio fiorentino. Quando i tecnici e i
restauratori si ritrovarono di fronte il mucchietto di frammenti conservati
dentro una ventina di scatoline, inizialmente alzarono bandiera bianca.
Dell’ostensorio non esistevano disegni e nessun altra documentazione che
potesse essere loro d’auto per ricostruire l’oggetto. L’impresa sembrava
impossibile. Ma anche se ridotto in frantumi esso riusciva ancora a parlare e a
mostrare tutta la sua bellezza. Un peccato non provare a riportarlo al suo
antico splendore. Ci sono voluti tre anni di ricerche, di studio approfondito
sulla gioielleria siciliana seicentesca e alla fine, dopo aver scartato la
tecnica della saldatura a fuoco che avrebbe danneggiato gli smalti e le
dorature, è stato deciso di utilizzare una tecnica di saldatura a laser,
sperimentata per la prima volta nell’ambito del restauro delle oreficerie. Ogni
frammento ha potuto così ritrovare la sua giusta collocazione e ogni diamante
il suo castone. E oggi la Sfera d’oro è ritornata al suo posto, a Palermo, dopo
essere stata nuovamente ammirata nello splendore delle sue gemme da Firenze che
le ha dato una seconda vita.
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