La
bellezza di Firenze non sta solo nei suoi monumenti ma anche nel miracolo che
essa propone al passante stressato dal “logorio della vita moderna”: basta fare
pochi passi e le strade rumorose scompaiono per fare posto al silenzio della
campagna con i suoi colori caldi e le sue linee ondulate.
Nella storia dell’arte il paesaggio toscano ha
spesso fatto da protagonista ad eventi sacri e profani, facilmente
riconoscibile dagli alti cipressi e dalle colline solcate dal regolare allineamento
dei filari di vite. Telemaco Signorini (1835-1901), pittore macchiaiolo, fissò
sulla tela uno spicchio di questa natura fiorentina nel suo Giardino a Careggi, un olio di dimensioni ridotte (cm. 36 x 24), che
faceva parte della Collezione Ambron e pervenuto in donazione alla Galleria
d’Arte Moderna di Palazzo Pitti (sala 19). Signorini apparteneva a quel gruppo
d’artisti della generazione risorgimentale, repubblicani e garibaldini,
conosciutisi non nei circoli culturali ma sulle barricate e i campi di battaglia.
Si radunavano al Caffè Michelangelo, in Via Cavour per discutere non solo
d’arte ma anche di letteratura e politica snobbando gli ambienti ufficiali e
accademici considerati arretrati. Negli stessi anni, sempre a Firenze, Leopoldo
Alinari apriva un laboratorio per sperimentare le nuove tecniche della
fotografia che permetteva di cogliere e fissare la realtà nella sua
immediatezza. Su questa scia anche la pittura macchiaiola, fin dal suo inizio,
si spinse verso una diretta rappresentazione del vero, un approfondimento del
rapporto tra luce e colore che volutamente sacrificava il disegno di contorno a
favore del solo tocco di pennello. La macchia divenne il mezzo per costruire
l’immagine nella sua essenzialità e istantaneità. Il Giardino a Careggi è una
veduta dall’inedito taglio fotografico dove la natura è la sola interprete.
Essa è cresciuta libera, non modellata dalla mano dell’uomo. La siepe a
sinistra, come anche la palma sulla destra, sembrano non aver visto da tempo
gli arnesi del giardiniere. Non ci sono fiori, solo i caldi toni della terra,
quelli rugginosi delle foglie secche e i verdi mescolati al giallo ocra. Sono
queste le macchie di colore stese senza seguire un disegno preparatorio. Il
cielo è solcato da numerose nuvole che, comunque, non impediscono al sole di
filtrare e creare ombre, giochi di luci e contrasti cromatici. Il Signorini vi
ha infuso un’atmosfera di quiete, d’abbandono e di provvisorietà. Il cancello
aperto sembra, infatti, annunciare l’arrivo di colui che tenterà di
sottomettere quest’angolo di campagna selvaggia. Essa sembra attendere,
inquieta, la lama del potatore.
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