E' tempo di carnevale! L’utilizzo
delle maschere da parte dei veneziani e delle migliaia di forestieri che
arrivavano a Venezia per vivere il famoso carnevale, attrazione turistica già
prima del Settecento, ha fatto nascere la domanda di questo genere di
travestimento. La "bautta" (o bauta) è la maschera veneziana più caratteristica del
carnevale. Fece la sua prima comparsa alla fine del Seicento e nel secolo
successivo divenne diffusissima. Inizialmente fu adottata dai soli uomini, poi
anche dalle donne; era per esempio d’obbligo alle donne che si recavano a
teatro mentre era proibita alle fanciulle in attesa del matrimonio e alle
prostitute. La sua particolarità stava nel fatto che poteva essere messa sia
durante il periodo carnevalesco, sia nella vita di tutti i giorni come un
normale accessorio. Con essa cadeva ogni distinzione di censo: portata da
tutti, aristocratici o popolani, in quanto poco costosa, permetteva un
rispettato anonimato; la particolare sporgenza del volto consentiva persino di
modificare il timbro della voce e anche di bere e mangiare. Va precisato che la
bautta era composta da più accessori: la maschera bianca che copriva il volto
detta “larva”, un ampio mantello a ruota nero che, partendo dal capo, scendeva
lungo le spalle fino a coprire metà della persona, chiamato “tabarro”, e sul
capo il tipico cappello nero a tre punte, il “tricorno”.
La
“moretta”, invece, era una maschera ovale di velluto nero che veniva usata
solitamente dalle donne, sia di nobili che di modeste condizioni, a volte
completata da veli, velette e cappellini a larghe falde. Essa stava attaccata
alla faccia tenendo in bocca un bottoncino che si trovava all’interno. Per
questo motivo la moretta era una maschera muta e dava alla dama che la
indossava un sensuale alone di mistero.
In questo dipinto di Pietro Longhi (1702-1785) intitolato Il ridotto e datato intorno al 1760,
vediamo al centro una giovane dama in bautta e con un fiore rosso appuntato sul
seno; ha liberato il volto dalla “larva” e si mostra all’uomo mascherato che al
suo fianco la corteggia prendendole un lembo del bell’abito bianco. Malizioso e
compiaciuto anche lo sguardo del gentiluomo, anche lui in bautta ma senza
maschera, seduto a sinistra in primo piano, pieno di evidente ammirazione per
la bellezza della dama. Nell’angolo a destra un cane dorme arrotolato su se
stesso. Dietro la coppia di innamorati due giovani donne del popolo osservano
la scena galante nascoste dalla “moretta” in velluto nero;
sulla destra un nobile in parrucca tiene banco, assistito da un servente in
piedi con un sacco pieno di denaro in mano, e offre le carte a due giocatori
mascherati, la cui passione per il gioco ha fatto sì che varie carte cadessero
dal tavolino. Sullo sfondo, davanti ad una porta ai cui lati stanno due grossi
candelabri, si intravede un’altra coppia mascherata: l’uomo indossa la bautta
mentre la donna, quasi del tutto nascosta da una stola verde, porta la
“moretta” che le copre solo il viso.
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