Era bella Costanza al punto che il suo amante, il
famoso scultore Gran Lorenzo Bernini, decise di scolpire un busto che la
ritraeva con la camicia aperta quasi ad intravedere il seno, i capelli
scomposti, in posa intima e domestica ma di grande sensualità come lui era
abituato a vederla dopo averla amata. E’ forse uno dei ritratti più belli di
tutto il Barocco proprio perché non fatto durante una seduta di posa ma
prodotto di getto, seguendo il ricordo di un uomo innamorato che riproduce
l’oggetto del suo desiderio e le infonde fierezza, naturalità e quindi vita.
Costanza non era una popolana, proveniva da una famiglia importante, i
Piccolomini, e s’intendeva d’arte tanto da commerciare in opere in una Roma che
nel primo trentennio del Seicento era fucina e terra d’azione d’ingegni che
avevano seguito l’innovativa traccia lasciata da Caravaggio. Quel busto di
marmo rimase molto tempo nella casa dello scultore per ricordargli di
quell’amore che aveva si il fuoco della passione ma che era anche colpevole, messo
all’indice, deprecabile perché Costanza era la moglie di uno dei suoi allievi
più promettenti, il lucchese Matteo Bonarelli. L’amore si tramutò in odio
feroce quando Bernini scoprì che Costanza non concedeva solo a lui le sue
grazie ma anche a suo fratello, Luigi. Dalle cronache del tempo sappiamo che la
furia cieca dello scultore si abbatté su entrambi: fece sfregiare lei da
un suo servitore a disprezzo della sua bellezza così spudoratamente esibita e concessa a chiunque e cercò di uccidere il fratello picchiandolo con una spranga
di ferro.
Finita la passione l’immagine della donna tanto
amata divenne fonte di dolore e il busto fu donato nel 1645 al cardinale Giovan
Carlo de’ Medici che lo portò a Firenze e oggi è esposto al Bargello.
Nessun commento:
Posta un commento