Grazie alle nozze di Vittoria della Rovere e Ferdinando
II de’ Medici, celebrate nel 1637, Firenze potè beneficiare di una cospicua
dote in denaro e capolavori artistici provenienti dal ducato di Urbino, tra
questi il ritratto di Elisabetta Gonzaga dipinto da Raffaello nei primissimi
anni del Cinquecento e oggi conservato agli Uffizi. Elisabetta, moglie infelice
di Guidobaldo da Montefeltro, signore di Urbino, era donna colta, grande amante
delle lettere e delle arti. Raffaello la ritrae in posa frontale, a mezzo
busto, il capo leggermente rivolto a destra mentre lo sguardo si fissa su un
punto opposto; alle spalle un limpido paesaggio lambito dai primi raggi del
sole nascente che tanto ricorda gli sfondi leonardeschi. I capelli le
incorniciano il viso un po’ allungato, nascondendole le orecchie e si posano
leggeri sulle spalle per terminare probabilmente dietro in una sorta di cuffia
a rete e una treccia (pettinatura detta coazzone, dove la treccia veniva
avvolta in nastri di tessuto prezioso e perle). La dama indossa un pregiato
abito di velluto nero con inserti rettangolari posti in orizzontale e verticale
a creare un decoro geometrico. Lo scollo è quadrato ed è arricchito da un bordo
con ricami dorati a comporre uno strano fregio che rimanda ad una lingua antica.
Al collo una semplice catena d’oro, sciolta ai lati e annodata al centro del
decolté.
La cosa che salta subito all’occhio dell’osservatore è il gioiello che Elisabetta esibisce sulla fronte: una gemma quadrata,
tagliata a tavola, incastonata tra le chele di uno scorpione legato ad un
cordoncino che le cinge il capo. A tale animale era riservato un potere soprannaturale
carico di significati magici e alchemici. Esso, in qualità di elemento
zodiacale, rimandava inoltre alle antiche credenze riguardo le influenze degli
astri e delle costellazioni sulla vita dell’uomo. Nel Fasciculo
de Medicina di Johannes de Ketham (1493) si trova una miniatura
raffigurante “L’uomo zodiacale” dove ogni segno dello zodiaco trova la sua
collocazione su parti anatomiche ben precise: Ariete-testa, Toro-gola,
Gemelli-spalle e così via. Il
segno dello Scorpione, passionale e dominato dal pianeta Marte, agiva
sull’apparato uro-genitale, quindi sull’apparato riproduttivo. Questo
schema apparve per la prima volta nell’Astronomicon, il più antico
trattato latino sull’astrologia, il cui autore, il romano Marco Manilio (I sec.
a.C.), riprendeva concetti della cultura egiziana. In riferimento a
Elisabetta Gonzaga ritratta da Raffaello il gioiello a forma di scorpione potrebbe far riferimento alla sterilità della sua unione con Guidobaldo da Montefeltro
ed essere quindi una sorta di talismano incaricato di invocare le forze celesti
per coadiuvare la duchessa nel difficile compito di dare un erede al ducato di
Urbino, erede che però non arriverà mai. Da più fonti viene lanciata l'ipotesi che addirittura il matrimonio tra i due non fu mai consumato.
Ritornando alla figura dello scorpione, seguendo il principio
medico similia similibus, si pensava che il suo veleno,
appositamente trattato e somministrato, poteva diventare un potente antidoto
contro diverse affezioni. Nel Ricettario Fiorentino (un insieme di ricette e
dettami sulla maniera di esercitare l’arte della medicina e della farmacia,
pubblicato dal Collegio dei Medici di Firenze nel 1498 e poi revisionato nel
1550 per aggiornarlo sui nuovi preparati di cura), ad esempio, per proteggersi
dalla peste, si consigliava di preparare l’olio di scorpioni con una settantina
di esemplari messi a macerare per un mese al sole in due libbre di olio di
mandorle amare. E’ stata tramandata inoltre un’altra ricetta comprendente ben
tremila scorpioni catturati durante il solleone e lasciati macerare in olio di
hiperico. Tali rimedi, assicuravano gli autori, avrebbero risolto calcolosi,
affezioni vescicali e la guarigione dei bubboni pestiferi inguinali. Amuleti
scaramantici a forma di scorpioni erano, dunque, prodotti e utilizzati per
scongiurare avvelenamenti e infiammazioni dannose.