Intorno al 1515-20 Piero di Cosimo dipinse questo
ritratto, oggi conservato al Museo Condé a Chantilly, raffigurante la donna che nella Firenze di Lorenzo il
Magnifico era detta “la senza pari”, ovvero Simonetta Cattaneo Vespucci. Amata
da Giuliano de' Medici era considerata la più bella tra le fanciulle fiorentine
tanto da diventare musa ispiratrice di Botticelli che la dipinse in molti dei
suoi capolavori e del Poliziano che in una sua poesia ne celebra il “lieto
viso” incorniciato da “crini d’oro”.
Quando Piero esegue il dipinto Simonetta era già morta di tisi a soli 23
anni nel 1476 e il pittore fu costretto ad usare una medaglia con la sua effige
come modello. Il profilo della giovane si staglia sullo sfondo di un paesaggio
in tempesta e ricco di richiami simbolici che rimandano alla sua morte
prematura: l’albero secco a sinistra e le cupe nuvole del tramonto. Anche il
serpente che si avvolge intorno alla collana d’oro che porta al collo rimanda
al tema della morte ma anche alla rinascita, al tempo che si rinnova
all’infinito, all’immortalità dunque per la sua capacità di cambiare pelle.
Inoltre era anche simbolo di prudenza e intelligenza. Nell’intreccio dei
capelli di Simonetta troviamo perle simbolo di castità e gioielli a forma di
ghianda che rimandano alla quercia anch’essa simbolo di eternità. Il seno nudo
non costituiva all’epoca un’indecenza, ricordava la “Venus pudica” e le Amazzoni, le leggendarie guerriere che combattevano a seno scoperto ed
erano considerate particolarmente caste perchè si accoppiavano una volta l'anno.
Simonetta quindi viene onorata con tutte le
virtù che nel Rinascimento si richiedevano ad una donna - bellezza, purezza,
intelligenza, prudenza - e ne si ricorda la bellezza immortale. Narrano le cronache che il giorno del suo funerale, adagiata su una lettiga coperta di fiori, Simonetta fu portata per le vie di Firenze a mostrare come neppure la malattia prima e la morte dopo erano riuscite ad alterare la sua bellezza, musa di pittori e poeti che con la loro arte ne hanno tramandato il ricordo fino a noi.