Nel 1525 il ricco banchiere fiorentino Ludovico Capponi acquistò una cappella nella chiesa di santa Felicita vicino al Ponte Vecchio e ne affidò la decorazione ad un artista trentenne già noto in città, Jacopo Carucci detto il Pontormo. Allievo di Andrea del Sarto e di Fra Bartolomeo il Pontormo si dimostrò fin da subito un vero e proprio genio del pennello, un genio tormentato, dal temperamento bizzarro, difficile e non troppo malleabile. Vasari scriveva di lui: "alla stanza dove stava a dormire e talvolta a lavorare si saliva per una scala di legno, la quale, entrato che egli era, tirava su con una carrucola acciò che niuno potesse salire da lui senza sua voglia o saputa". Anche in un diario oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze e scritto da Jacopo tra il 1554 e il 1556, emerge una personalità singolare, misogena, diffidente, ipocondriaca, a tratti disturbata.
Poco prima di ultimare quello che ancora oggi è considerato una dei suoi maggiori capolavori, la pala con la Deposizione, da collocarsi sull'altare della cappella Capponi, nella parete a fianco, quella della controfacciata della chiesa di santa Felicita, Pontormo iniziò l'affresco con l'Annunciazione a Maria. Com'era sua usanza l'artista lavorava completamente nascosto dietro una copertura lignea, nessuno poteva vederlo mentre dipingeva eccetto il suo allievo e collaboratore Agnolo Bronzino che diventerà uno dei maggiori pittori durante il periodo Granducale e ritrattista ufficiale della famiglia Medici.
I due personaggi evangelici sono separati da una vetrata e da un reliquiario in pietre dure eseguito nel Seicento. E' il momento esatto in cui l'Angelo sta annunciando la volontà di Dio e i suoi occhi sono rivolti alla finestra dalla quale la luce divina sta entrando; è sospeso da terra, la sua veste è leggera, di un caldo color rosa e ricami dorati, ha una fascia bianca in vita e sulle spalle un vaporoso mantello arancione gonfiato e mosso dalla brezza della discesa. Maria si volta, non sembra spaventata ma sorpresa, ha una mano posata sull'altare davanti al quale stava pregando, l'altra regge il manto azzurro; la solidità della sua volumetria rimanda alle figure michelangiolesche.
Da questo momento in poi Michelangelo diventerà la sua ossessione, Jacopo passerà anni a studiare le sue opere allo scopo di superare il grande genio ma non rimase mai soddisfatto dei risultati ottenuti piombando nella frustrazione.